Prodotti tipici: quanto tricolore nella GDO secondo Nielsen

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Ha girato la boa delle 20 mila referenze presenti sugli scaffali di supermercati e ipermercati il paniere dei prodotti che nel 2019 riportavano sull’etichetta un’indicazione riferita alla loro italianità. Un risultato che si accompagna a un altro record: il superamento dei 7,4 miliardi di euro di sell-out, grazie al miglioramento del trend delle vendite su base annua. Se il 2018 si era chiuso con un giro d’affari in crescita del +1,9%, nei 12 mesi successivi l’aumento è stato del +2,1%. In termini assoluti, i prodotti che richiamavano on pack la loro italianità ha generato il 25,2% dei ricavi del totale alimentare rilevato dall’Osservatorio Immagino, confermandosi come il più significativo e pervasivo tra i fenomeni monitorati.

Prodotti tipici: quanto tricolore nella GDO secondo Nielsen

Il trend, iniziato solo alcuni anni fa, ormai è consolidato: anche la gdo promuove l’italianità dei prodotti, che vale oltre 7,4 miliardi di euro di fatturato nei soli supermercati e ipermercati. I dati vengono forniti dalla settima edizione dell’Osservatorio Immagino di Nielsen, pubblicata a luglio 2020 che analizza il trend del 2019. I prodotti che richiamano in etichetta o nelle confezioni la loro italianità, con claim come «Prodotto in Italia», «Made in Italy», «100% italiano», le denominazioni d’origine europee Dop, Igp, Doc, Docg, il tricolore, il nome della regione di riferimento, hanno un fortissimo valore d’immagine, e non solo.

L’italianità del cibo e del vino è un plus per molti consumatori e non accenna a diminuire l’affezione degli italiani verso i prodotti alimentari di origine nazionale e regionale. Sugli scaffali della distribuzione moderna, continuano ad aumentare  i prodotti che riportano sulla loro confezione una dicitura d’origine che rimanda al nostro paese, è un fenomeno che  oggi coinvolge oltre 20 mila referenze, ossia il 25% del paniere di 79.838 prodotti alimentari analizzati dall’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy, associazione che riunisce 35 mila imprese di beni di consumo, realizzato in collaborazione con Nielsen.

L’indicazione più rilevante e diffusa è la bandiera italiana, presente sul 14,8% dei prodotti, che determinano il 15,3% del fatturato, seguita dal claim «100% italiano» sul 6,6% dei prodotti da cui deriva il 9,5% del giro d’affari. «Prodotto in Italia» è presente sul 9,1% delle referenze, ma determina il 5,7% delle vendite a valore, in calo di -1,2% rispetto l’anno precedente.  A mettere però a segno le migliori performance di vendita sono le denominazioni Dop e Docg, le due denominazioni più vincolate ai territori d’origine della materia prima, che hanno visto crescere le vendite dei prodotti su cui sono segnalate rispettivamente di +7,1% e +4,8% annui, seppur con un’incidenza contenuta sul fatturato complessivo del paniere (1,6% e 0,7%). A livello territoriale, il richiamo in etichetta delle regioni italiane è arrivato a rappresentare il 10,8% del paniere food dell’Osservatorio Immagino per un giro d’affari superiore a 2,4 miliardi di euro (+2,6% rispetto al 2018), sostenuto principalmente da un aumento dell’offerta (+4,4%).

E proprio Sicilia e Piemonte, con la Toscana, sono le tre regioni segnalate sulla maggiore percentuale di prodotti a scaffale. Tra le migliori performance, da segnalare l’exploit del Molise (+30,7% di vendite annue) e le crescite a doppia cifra di Liguria (+12,4%) e Marche (+11,2%).

Tra le 18 regioni rilevate si conferma alla guida della classifica per fatturato il Trentino-Alto Adige grazie a vini, spumanti, yogurt e salumi.,seguito a pari merito da Sicilia (+4,2% sul 2018), Piemonte ed Emilia-Romagna. seguito a pari merito da Sicilia (+4,2% sul 2018), Piemonte ed Emilia-Romagna.

tabella Nielsen sui numeri dell'italianità nella GDONel dettaglio si osserva che il Trentino Alto Adige viene superato per percentuale di prodotti da Piemonte, Toscana e Sicilia le cui referenze costituiscono l’1,3% ciascuna del paniere contro l’1,2% del Trentino-Alto Adige. La Sicilia, scalando quattro posizioni, sale al secondo posto per valore delle vendite (0,9% di quota, +4,2% rispetto al 2018), grazie a vino e sughi pronti, a pari merito con Piemonte (forte in carne bovina, succhi di frutta, acqua minerale non gassata, vini Docg e miele) ed Emilia-Romagna (trainata da vini e salumi). Significativo l’exploit del Molise che, soprattutto grazie alla pasta, registra un incremento delle vendite di +30,7% dopo il +13,3% del 2018, anche se ha un peso relativo ancora ridotto sul giro d’affari complessivo del paniere (0,2%). Incrementi di fatturato a due cifre anche per Liguria (+12,4%) e Marche (+11,2%) come ritorno dei percorsi di valorizzazione intrapresi negli ultimi anni da questi territori.

Questa settima edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy raccoglie i dati dell’anno 2019. È stata realizzata su una base di 112 mila prodotti del largo consumo nata dal confronto tra i prodotti della banca dati Immagino a dicembre 2019 e i prodotti in vendita nella grande distribuzione rilevati da Nielsen.

Sono state analizzate le caratteristiche rilevate in etichetta e sul packaging di 79.838 prodotti del mondo food dell’Osservatorio Immagino e sono stati selezionati quei prodotti che riportano i claim “prodotto in Italia” (comprende anche: made in Italy, product in Italy), “solo ingredienti italiani”, “100% italiano” e le indicazioni geografiche ufficiali della Ue (come Igp, Dop, Doc e Docg), la “bandiera italiana” e il nome della regione di riferimento. Il perimetro di analisi comprende il canale ipermercati e supermercati. I dati sono riferiti all’anno 2019 e i dati di trend confrontano l’anno 2019 vs l’anno 2018 e l’anno 2018 vs l’anno 2017. (I report sono consultabili sul sito osservatorioimmagino.it)

All’amore per la tradizione degli italiani e all’indubbia eccellenza dei prodotti molto spesso nel sostegno dei prodotti tipici si aggiungono le attente strategie dei consorzi. Un’esempio per tutti: il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli, sottolinea che «i consumi in Italia sono progressivamente aumentati, esplodendo nel mese di marzo 2020: +36% a volume rispetto a marzo 2019. Il crollo dell’out of home è stato compensato da un forte aumento dei consumi domestici. Inoltre, in un momento così difficile, comperare un prodotto premium a indicazione geografica come il Parmigiano Reggiano è ulteriore garanzia di qualità e sicurezza». E a sostenere i prezzi la strategia dell’invecchiamento (ndr) perché «lavorando in comunicazione, di concerto con la grande distribuzione, il Consorzio mira a portare sugli scaffali uno stagionato 40 mesi per il prossimo natale 2020. Un obiettivo a un passo dall’essere centrato se si considera che oggi sono oltre 60 i caseifici aderenti per un totale di 85 mila forme che saranno immesse sul mercato nei prossimi tre anni. La stagionatura minima per il Parmigiano Reggiano è di 12 mesi, mentre non esiste una stagionatura massima imposta dal disciplinare di produzione».

fonte Italia Oggi, Osservatorio Immagino

scarica il report integrale 2020 Osservatorio immagino Nilesen GS1 Italy

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