Appuntamento Expo

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Di Daria Scarciglia

Non potevamo certo mancare all’appuntamento dell’Expo. Andarci è stato un atto dovuto, per tante ragioni: perché ci occupiamo della filiera agroalimentare, perché ci interessa “nutrire il pianeta”, perché era già stato detto forse tutto e volevamo capirci qualcosa in più.
Dire che gli obiettivi di Expo 2015 non siano stati raggiunti è quasi una banalità e lo si sapeva ancora prima della sua inaugurazione. Questi sei mesi non hanno rappresentato un tavolo di lavoro per decidere cosa cambiare a livello internazionale e come operare per riformulare i criteri con cui assicurare a tutti l’accesso ad un’alimentazione sana. Tuttavia, l’Expo resta una grande occasione di riflessione, a patto di andare oltre la sua copertina patinata, oltre le architetture avveniristiche, oltre l’impostazione volutamente fieristica e le sue finalità commerciali. Ci proviamo, con poche, semplici considerazioni.
La prima è che siamo veramente troppi. La quantità di visitatori è stata quella delle previsioni, nessun exploit particolare, eppure non è stato possibile progettare un’esposizione internazionale senza estenuanti code, anche di ore ed ore. E non c’è niente da fare: o si sta in fila fino allo stremo o si rinuncia. Sembra un po’ la metafora di come si sta su questa terra, sette miliardi di persone che stanno consumando le scorte alimentari anche se, secondo i dati della FAO, circa un terzo della produzione mondiale di cibo va persa e sprecata e una persona su nove soffre ancora la fame.

Prendiamo atto che il modello attuale non funziona. Lo facciamo nel Padiglione Zero. Zero come zero fame nel mondo, come zero sprechi, zero speculazioni. Zero come proviamo a ricominciare da zero, da quando l’uomo ha iniziato ad addomesticare il mondo, recuperando la memoria di tutta la sua storia. expo padiglione zero fronteexpo padiglione zero internoQuesto padiglione è un percorso che sa emozionare, con la sua maestosa biblioteca della memoria e con le immagini proiettate su pareti immense che ti avvolgono. Propone simbolicamente concetti importanti, come l’albero la cui chioma svetta oltre il tetto del padiglione, che ci ricorda la forza incontenibile della natura, o come la borsa del cibo che ci ammonisce contro le speculazioni sulle risorse alimentari.expo borsa del cibo

Una seconda, immediata considerazione riguarda l’idea che abbiamo di sostenibilità, di quel processo, cioè, che garantirebbe la stabilità del pianeta. Da una lato occorre diminuire i consumi e gli sprechi e dall’altro migliorare le condizioni di vita dei paesi in via di sviluppo attraverso un’agricoltura che restituisca dignità e reddito alla persona. Realizzare questo progetto implica delle alleanze forti con il progresso e le tecnologie, non certo il ritorno ai sistemi di coltivazione arcaici.
Da questo punto di vista ci è sembrato particolarmente interessante il padiglione della Francia, nazione a forte vocazione agricola, che mostra come certe colture tradizionali vadano incentivate per la loro produttività ed i possibili impieghi in ambiti diversi e come l’uso di tecnologie avanzate favorisca l’individuazione di varietà geniche in grado di migliorare la resa dei raccolti, senza necessariamente ricorrere agli OGM. expoL’allestimento della Francia presenta i suoi prodotti tipici e quelli del futuro, come la spirulina, un’alga utilizzata a fini alimentari e dotata di un eccellente apporto proteico e vitaminico.
L’utilizzo virtuoso delle conoscenze, ha poi suggerito un’ulteriore considerazione sul valore delle idee e sul peso delle ideologie. Queste ultime vengono prodotte sempre più spesso a tavolino, come efficientissimi strumenti di marketing. In questo senso merita di essere visitato il padiglione degli Stati Uniti d’America, con occhio molto critico.expo american food 2.0
Propone l’American Food 2.0, come se fosse il brand di un sistema alimentare da esportare, e conduce il visitatore attraverso un percorso guidato privo di interazione, in cui il visitatore subisce passivamente il messaggio promozionale di una nazione con forti tradizioni di prodotti agricoli che rispettano la terra e di cibo sano. E allora, uscendo dal padiglione USA, un brivido corre lungo la schiena, perché questo paese, che rappresenta la principale potenza economica mondiale, resta il segreto meglio custodito del pianeta. Sono i più grandi inquinatori, il popolo che produce i maggiori sprechi di risorse, il loro modello intensivo ed estensivo di agricoltura e zootecnia è l’antitesi della sostenibilità, eppure gli americani continuano a far finta di niente, nella speranza che il resto del mondo continui a non accorgersi delle loro bugie.
Bisogna dunque misurare le forze, che non sono necessariamente quelle dei potenti e dei ricchi, ma quelle che l’essere umano è in grado di esprimere. Ci è piaciuto moltissimo il padiglione del Nepal, unico padiglione in cui l’architettura è studiata per far scorrere la coda attraverso un percorso di ambienti e scenari da godere, e non tra recinti che ricordano quelli delle vacche al macello. expo padiglione nepalBellezza, accoglienza, semplicità e spiritualità. Questo popolo pacifico è forse l’unico ad aver centrato un tema importante: occorre nutrire l’anima dell’uomo se vogliamo che l’uomo trovi la via per nutrire il pianeta.

Daria Scarciglia
Avvocato

13 ottobre 2015

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